Educazione finanziaria per la crescita dell’Italia

L’educazione finanziaria non solo ha valenza di strumento per aumentare le conoscenze di economia degli italiani ma anche rileva per la crescita del Paese nella sua globalità, come risulta dall’intervento di Salvatore Rossi, Direttore Generale della Banca d’Italia e Presidente dell’IVASS,  alla tavola rotonda, Educazione finanziaria per la crescita dell’Italia, l’informazione, la tutela del risparmio, la sostenibilità e la cultura, organizzato da Associazione Bancaria Italiana (ABI), Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio (ACRI) e Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio (FEduF) per riflettere e fare il punto sullo stato di diffusione della financial literacy in Italia.

Il primo punto affrontato è: Può una buona educazione finanziaria dei  cittadini soppiantare il controllo che il settore pubblico deve esercitare sui loro rapporti con i venditori di servizi finanziari?

La risposta è un secco no: l’educazione finanziaria non può e non deve, neanche in parte, soppiantare la tutela dei risparmiatori affidata alle autorità indipendenti e agli organi dello Stato. E non solo perché quest’ultima è voluta dalla legge, ma per una ragione di logica economica e istituzionale.

Il rapporto commerciale fra un risparmiatore singolo – retail come si dice in gergo – e chi gli offre un prodotto finanziario – che sia conto corrente bancario, o polizza assicurativa o quota di un fondo comune – è per sua natura squilibrato a favore del venditore, che ne sa di più del suo cliente su quello che gli sta offrendo. Bisogna fidarsi che in futuro le cose andranno come dice il venditore.  E nelle cose economiche e finanziarie il passato è scarsa guida del futuro. Questa è grosso modo la ragione della tutela pubblica che molti Paesi riservano ai risparmiatori. Anche perché il risparmio ha un grande valore sociale: consente alla collettività di investire per accrescere produzione e benessere.

Pertanto quella tutela, chiunque la eserciti nell’assetto istituzionale di ciascun Paese, deve essere sempre massima. Certo, se il risparmiatore è messo in condizione di difendersi da solo nei confronti di prodotti finanziari mal disegnati o mal venduti, perché ha una cultura finanziaria, la tutela è più efficace.

Dunque sinergia e non sostituzione tra vigilanza e conoscenza.

Seconda questione: Che fanno Banca d’Italia e IVASS in materia di educazione finanziaria e assicurativa?

Intanto si nota una differenza nei bisogni di educazione dei cittadini italiani fra il caso delle assicurazioni e quello delle altre branche della finanza. Nel primo caso l’esigenza prevalente è quella di indurre tutti noi ad assicurarci di più; nel secondo, di selezionare meglio i prodotti da acquistare.

In Italia c’è un chiaro fenomeno di sottoassicurazione: da noi i premi per danni non derivanti dalla circolazione su strada (dove l’assicurazione è obbligatoria) sono meno della metà della media dei paesi avanzati. Negli altri campi finanziari non c’è difetto di domanda, piuttosto a volte si comprano prodotti sbagliati o non adatti.

La sottoassicurazione degli italiani, soprattutto per i danni alla propria casa, ha probabilmente cause culturali. L’IVASS lavora all’obiettivo di innalzare il livello di copertura assicurativa in Italia perché tali forme di tutela sono convenienti. In questo momento si stanno dedicando risorse a mettere in piedi, in collaborazione col Ministero dello sviluppo economico, un test di conoscenze assicurative (insurance literacy), che, come quelli già collaudati di financial literacy, possa aiutare a misurare nel tempo l’efficacia dell’azione educativa.

L’IVASS è anche impegnata a far sì che le imprese offrano alla clientela contratti semplici e scritti in modo chiaro. È un campo di confine fra tutela degli assicurati e innalzamento della loro consapevolezza sui benefici dell’assicurazione: più il cliente è messo in grado di capire e più capisce e si assicura. Da quest’anno, per iniziativa dell’IVASS i contratti assicurativi dovranno essere scritti in maniera più semplice, perché gli assicurati possano comprenderli meglio.

Anche la Banca d’Italia è impegnata da tempo nello sforzo di innalzare le conoscenze finanziarie di tutti, con strategie diverse, a seconda che ci si rivolga a studenti o ad adulti.

Banca d’Italia e IVASS hanno realizzato la collana “Le guide in parole semplici” sui conti correnti, sui mutui, sul credito al consumo, sulle polizze assicurative, sulla centrale dei rischi. Inoltre, stanno lavorando, dopo il portale per l’educazione assicurativa, a uno per l’educazione finanziaria, ispirato alle migliori esperienze internazionali.

Infine la terza questione: Perché è così importante diffondere fra tutti i cittadini elementi di conoscenza finanziaria? Non basta affidarsi agli addetti ai lavori?

Farsi una cultura finanziaria vuol dire impostare meglio il proprio bilancio domestico, sapere come stipulare un mutuo per comprare casa, decidere se investire il proprio risparmio in una moneta d’oro piuttosto che in un’obbligazione. Quindi non si tratta soltanto di rendere più efficace la tutela pubblica del risparmio: si tratta di alimentare il benessere individuale; in ultima analisi, di contribuire allo sviluppo economico della società.

Una gestione consapevole del denaro e l’abitudine a non sprecare aiutano a rendere lo sviluppo macroeconomico sostenibile. La scuola non c’insegna quasi nulla di economico-finanziario. Come è noto quelle materie sono escluse dai programmi ministeriali di quasi tutti gli ordini scolastici. Nozioni basilari per la nostra vita di tutti i giorni sono lasciate alla buona volontà di apprendimento dei singoli di ogni età.

Il risultato è che gli italiani ne sanno molto poco di queste materie: secondo un’indagine realizzata dalla Banca d’Italia nel 2017 sulla base di una metodologia internazionale, la quota di persone che mostrano un livello di conoscenze finanziarie di base definito “adeguato” è da noi poco più del 30 per cento, contro il 62 della media dei paesi avanzati. Ma conoscenze economiche e finanziarie di base sono necessarie anche solo per l’esercizio consapevole della cittadinanza attiva.

Siamo continuamente chiamati a esprimere una valutazione su riforme economiche complesse, dobbiamo saper distinguere tra l’informazione affidabile e quella priva di fondamento. La quantità di informazioni, spesso confuse, contraddittorie, a volte manipolate, che si rovesciano sulla nostra testa è aumentata. Un cittadino che deve prendere decisioni cruciali su quanto risparmiare per il domani, su quanto e come investire – in una casa, in un elettrodomestico, in una piccola attività imprenditoriale –, su come orientarsi nel ginepraio delle offerte di prodotti finanziari e previdenziali che gli vengono proposti, incontra serie difficoltà se manca di nozioni elementari come la distinzione fra rendimenti nominali e reali, la relazione rischio/rendimento o l’importanza della diversificazione del proprio risparmio.

E non basta la cultura finanziaria, occorre anche una buona dose di saggezza  comportamentale: bisogna saper riconoscere i principali limiti cognitivi ed emotivi che minano i nostri processi decisionali. Più informazioni abbiamo più cerchiamo scappatoie che ci mettano al riparo dall’intollerabile fatica di dover prendere decisioni con troppe variabili.

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