Investimenti, le commissioni ammazzano il portafoglio

Gli italiani, di fronte al caro vita, sono consumatori più reattivi. Non altrettanto, invece, si può dire se si considera l’atteggiamento da investitori. A riportare la notizia è Repubblica, che aggiunge come un atteggiamento di paziente attesa sia sicuramente saggio, ma il ritenere di non avere alcuna possibilità di incidere su dinamiche per loro natura così globali e lontane, a volte anche dalla nostra capacità di com-
prenderne gli andamenti, sia decisamente sconsigliabile.

In generale, una maggiore consapevolezza non guasterebbe e ridurrebbe le troppe asimmetrie informative. “Il mercato italiano del risparmio ha una conformazione particolare, che dipende però anche dalle abitudini degli investitori, non solo dalle offerte dei gestori. Cè una tendenza diffusa, radicata, a fare più che mai, da soli” ha commentato Marco Mazzucchelli, presidente di Secofind. “Da noi prevale una logica dell’occasione a breve che espone il piccolo risparmiatore a rischi impropri, assai poco calcolati specie di un periodo di inflazione”.

Negli ultimi tempi è aumentata la tendenza a restare investiti per periodi di tempo sempre più brevi, complici anche gli stimoli ricevuti da pubblicità ingannevoli, con sempre più persone che si cimentano nel trading quotidiano di strumenti complessi come i derivati, spesso al limite, se non oltre le regole. “Ci si difende solo prendendosi dei rischi, ma l’importante è valutarli bene” ha detto Simone Rosti di Vanguard. Sull’azionario, invece: “La discesa non sembra aver toccato il suo minimo e tutto dipenderà dalla profondità e dalla durata della recessione, probabile ma non certa. Nei periodi di crisi la correzione dei mercati azionari è stata mediamente del 30-35%”.

Sul mercato del risparmio gestito, il  patrimonio a fine giugno si attestava a 2 mila 257 miliardi. Nel secondo trimestre, invece, la raccolta netta è stata negativa per 4,17 miliardi. Non era mai accaduto nella storia finanziaria che tutte le cosiddette asset class fossero negative. Secondo i dati elaborati da Secofind, alla fine di settembre le obbligazioni governative avevano perso il 17%; le obbligazioni corporate investment grade il 15; le obbligazioni corporate high yield in euro il 15,4; l’indice mondiale delle Borse (Msci World) in moneta locale il 21,9; gli hedge funds in euro il 7,8.

L’Italia, insieme a Taiwan, è uno dei Paesi con i costi di gestione più alti, addirittura cresciuti dal 2019, a differenza di altri mercati nei quali sono diminuiti.
Secondo l’ultimo rapporto Global Investor Experience, curato da Morningstar – che ha messo a confronto le condizioni contrattuali e operative dei fondi comuni in 26 Paesi – l’Italia è agli ultimi posti, soprattutto a causa delle commissioni di retrocessione e d’ingresso, altrove in diversi casi assenti. Anche se per il risparmio gestito  l’Italia è il quarto Paese europeo in ordine di masse gestite, il costo medio dei bilanciati è dell’1,58%; dell’1,17% per gli obbligazionari e del 2,13% per gli azionari. Le gestioni passive oscillano tra lo 0,06 e lo 0,5%, in media venti punti base. Secondo il report “i fondi domiciliati in Italia hanno tra i più alti costi ponderati per il patrimonio e che le classi di azioni senza fee non sono facilmente accessibili ai clienti finali proprio a causa del dominio bancario delle reti distributive”. Sulla performance, invece, se è giusto che il risparmiatore riconosca una fee quando le cose vanno bene, sarebbe normale se il gestore condividesse, con uno sconto, l’amarezza di chi constata sulla propria pelle che le cose sono andate male come nell’anno in corso.

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