Dossier “Ris, un anno dopo”: serve più coraggio

Lo scorso 24 maggio del 2023 la Commissione europea pubblicava le sue proposte sulla Retail Investment Strategy (Ris), la raccolta di norme dell’Unione sulla tutela degli investitori al dettaglio.

 

A circa un anno di distanza, il 23 aprile 2024 il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha adottato la relazione sulla proposta di direttiva volta a modificare la normativa. La relazione, unitamente alla decisione di avviare negoziati interistituzionali con il Consiglio dell’Ue, è stata adottata con 352 voti favorevoli, 230 contrari e 21 astensioni. Per  quanto riguarda i prossimi passi, i negoziati interistituzionali si svolgeranno nel corso della prossima legislatura. Il 20 marzo la Commissione per gli affari economici e monetari (Econ) del Parlamento europeo aveva approvato i progetti di relazione sul pacchetto Retail Investment Strategy presentati dalla relatrice Stephanie Yon-Courtin.

 

Alla luce di queste novità, BLUERATING vi propone di seguito il parere di due tra i massimi esperti di normativa finanziaria in Italia: il primo pezzo, a firma Massimo Scolari, presidente di Ascofind, si concentra sulle principali modifiche apportate dal testo approvato da Econ alla proposta della Commissione europea del maggio dello scorso anno, mentre nel secondo approfondimento Maurizio Primanni, ceo Excellence Consulting, offre una riflessione critica indirizzata al futuro della normativa europea.

Qui l’articolo di Massimo Scolari

Serve più coraggio

 

A cura di Maurizio Primanni

 

A un anno di distanza dalla sua presentazione da parte della Commissione (era il 24 maggio 2023), la direttiva omnibus Ris – Retail Investment Strategy, che andrà a riformare Mifid 2, Idd, Ucits, Aifmd e Solvency 2, non è stata votata dal Parlamento il 23 aprile scorso. L’Assemblea non ha accolto gli emendamenti che erano stati presentati il 2 aprile da Econ (la commissione permanente del Parlamento sugli affari economici e monetari) e ha deciso di avviare negoziati interistituzionali con la Commissione ed il Consiglio per preparare un testo condiviso da sottoporre al voto.

Si andrà certamente al 2025. Alcuni osservatori hanno puntato il dito contro le elezioni Europee  (in programma dal 6 al 9  giugno nei 27 Stati membri), altri hanno criticato la pervicacia delle lobbies e le assidue critiche degli addetti ai lavori: dai consulenti all’industria alle associazioni di categoria – tra queste ultime è da segnalare quella di Efama (European Fund and Asset Management Association), che recentemente ha proposto la sostituzione dei benchmark previsti dalla RIS per ponderare il value for money con un’analisi basata su  peer group. Io credo che la difficoltà del parto sia legata anche all’altezza dell’ambizione: fare dei cittadini europei investitori consapevoli, spingerli a impiegare i propri risparmi nei mercati dei capitali europei e nell’economia reale, renderli protagonisti della crescita e dello sviluppo dell’Unione. In altre parole: recuperare il ritardo rispetto a quanto avviene già in Uk e Usa.

L’impalcatura della Ris va in questa direzione, senza dubbio tramite i suoi quattro pilastri fondamentali: incentivi, best interest del cliente, value for money dei prodotti e benchmark, che difficilmente potranno essere stravolti rispetto alla prima proposta della Commissione Eu. A riprova di questo, numerosi operatori di mercato si stanno già da tempo attrezzando per essere pronti ad operare secondo i nuovi principi. Non solo, le indicazioni della RIS in alcuni casi sono in qualche modo già in vigore e recepite. Pensiamo, ad esempio, a quanto previsto dalla nostra Ivass con le recenti prescrizioni sui prodotti assicurativi finanziari (IBIPs), che dovranno essere realizzati sulla base di modelli che dimostrino il value for money per i clienti. Si rifletta inoltre sulla diffusione tra gli operatori dei benchmark di Esma per monitorare performance e costi dei prodotti di investimento.

Bisogna fare di più. Prepararsi a sfruttare al meglio le opportunità della Ris. Che siano mantenuti o no gli incentivi (come noto, l’argomento più controverso della riforma), sarà utile fare una riflessione sull’offerta di consulenza a pagamento, da proporre ai clienti sinergicamente al principio del value for money dei prodotti. Quest’ ultimo, tra l’altro, porterà probabilmente ad una contrazione della gamma, da proporre ai clienti, non solo quelli più ricchi, con logiche sempre più spesso basate sulla personalizzazione rispetto ad esigenze e desideri specifici.  Il best interest dovrà condurre gli operatori a considerare sempre più gli interessi particolari dei clienti, da declinare in performance attese, orizzonti temporali, profilo di rischio, flussi cedolari etc. Da ultimo i benchmark stimoleranno la trasparenza, miglioreranno la concorrenza e ottimizzeranno tutto il comparto nel complesso.

 

 

 

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