Retrocessioni: basta talebani, la concorrenza è altro

Quando Bluerating di aprile sarà in edicola, la Commissione europea dovrebbe essere vicina a una decisione sul tema delle commissioni di retrocessione, la cui eventuale abolizione sul modello britannico ha tenuto banco nelle discussioni dell’intera industria nazionale della consulenza finanziaria. Anche perché, secondo Mediobanca Securities, l’abolizione porterebbe ad una contrazione dei margini lordi delle banche-reti in media di 51 punti base e una conseguente riduzione media della remunerazione dei consulenti finanziari del 25%. I due modelli (commission only e fee only), nonostante i talebani di una parte e dell’altra, hanno entrambi pregi e difetti e che essi si attagliano più o meno bene ai diversi paesi anche in funzione delle loro caratteristiche di base come ricchezza media pro-capite, numero di clienti private vs clienti lower affluent e mass, disponibilità dei clienti a pagare per servizi di consulenza.

Tuttavia, a bene vedere, ci sono due elementi importanti da considerare. Se dovesse passare il modello fee only, senza avere ben ponderato le potenziali implicazioni sulla struttura industriale del settore, allora potremmo assistere a cambiamenti importanti nel senso di una maggiore chiusura delle architetture di offerta: le banche reti di consulenti potrebbero diventare tutte delle sgr; i gruppi bancari rafforzerebbero molto le loro sgr e chi non le ha nel gruppo ne ricostituirebbe mentre non è da escludere che le reti private e affluent delle banche commerciali siano poi posizionate sotto tali sgr. D’altra parte, anche nel caso di conferma del modello commission only, è da escludere che esso possa essere mantenuto nell’articolazione attuale, quindi vi è da attendersi impatti sui capisaldi del modello: profilatura della clientela; valutazione di adeguatezza delle proposte d’investimento; trasparenza dei costi sostenuti dal cliente. Il punto di atterraggio potrebbe essere rappresentato dall’offerta da parte di ogni banca dei due modelli in alternativa (fee only e commission only) con possibilità per il cliente di scegliere il modello a lui più congeniale. Il problema è che in Italia l’ultimo rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane ricorda che più della metà degli investitori, il 57%, dichiara di non essere disposto a pagare la consulenza. Salvo poi pagarla comunque all’interno della commissione che versa quando investe in prodotti finanziari. E quindi è il gatto che si morde la coda. La concorrenza, peraltro, oggi non si fa sul prezzo, ma solo sul servizio. E per aumentare la concorrenza sarebbero auspicabili modelli di consulenza leggera, che si accompagnino anche ai robo-for-advisor, strutturando servizi per fasce: una base, fatta anche con il supporto dei robot; una intermedia; e una premium, con contratti più costosi ma pieni di contenuti.

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