A cura di Maria Anna Pinturo, consulente presso Credem con la qualifica di Wealth Planner e fondatrice del blog diversamentefinanza.com.
News dell’agosto scorso: le donne in posizioni apicali nelle aziende in Uk sono pagate mediamente il 40% in meno degli uomini. Una notizia che riporta a galla le solite vecchie note dolenti… E su questo tema è tornato negli ultimi giorni anche l’articolo apparso su WallStreet Italia dal titolo emblematico Come combattere le disparità finanziarie tre uomini e donne, che vi invito a leggere.
Tuttavia io penso che il tema non sia più proprio e solo questo. E qui, dopo aver perso audience, magari potrei riguadagnare consensi tra chi continuerà a leggere.
Sì, penso che il vero tema sia diventato quello di guardare come l’antica protagonista della commedia di Aristofane, Lisistrata, sia tornata tra noi… e debba essere ri-pensata dalle donne che vivono il sogno di diventare professioniste nella consulenza finanziaria, ma poi pensano di rinunciarvi.
Chi era Lisistrata? Nell’antichità rappresentava un modello di ribellione ed emancipazione della donna, una realtà allora del tutto inesistente. Lei, che aveva preso in mano la crisi tra Atene e Sparta portandola (nella fiaba del commediografo) a una rapida soluzione, quando gli uomini invece non vi erano riusciti.
Lo spunto è attuale nel mio lavoro pensando a quante donne, preparatissime e con portafoglio, non decidono di fare il passo verso la libera professione del consulente finanziario, pensando agli innumerevoli rischi dietro la porta e soprattutto – qui sta il punto – ipotizzando che correndo questi rischi dovrebbero poi sacrificare i loro compiti prioritari. E allora ecco le riflessioni.
Stipendio fisso? No, anche se si trovano formule oramai compensative.
Possibilità di successo? E chi lo sa?
Rischio fallimento? Possibile, se i clienti non accettano di seguirti.
Tutto vero. Non posso negarlo. L’ho pensato anche io quando ho deciso, anni fa, di fare la mia scelta.
Peccato che, parlando con alcune di queste candidate alla professione del consulente finanziario, manchino totalmente le frasi affermative. Direi che scompaiono.
Ho avuto un colloquio con una candidata in questi giorni, e alla fine delle sue evoluzioni di pensiero, che vi ho sintetizzato, le ho chiesto: ma tu cosa vuoi? Domanda disorientante. Nessuna riposta. Ho come l’impressione che l’”effetto Lisistrata”, con la sua verve combattiva e consapevole, si spenga in questi momenti. Quasi le competenze e le certezze finissero in penombra. Quasi diventassero insufficienti. Come dire: non basta che sia il mio lavoro, non è sufficiente che io avverta che la gestione del patrimonio mi dà piena realizzazione.
La questione insomma non penso sia più, o non solo, quella evidenziata dal’articolo del FT che vi ho citato. Il vero punto di attenzione, almeno per quanto riguarda la mia professione, è constatare come molti gestori donne dipendenti di banche finiscano col vestire l’abito dell’antica Lisistrata per trasformarsi in vere potenzialità inespresse senza un reale motivo. Perché, in fondo, valutando le circostanze in cui ciascuno si trova (famigliari o personali, sono sempre le stesse di tutti), si scopre che sono dense di criticità che non verranno mai meno, e non vi sarà mai il “momento perfetto” per dire, sì ora posso cambiare.
Cosa ho risposto alla candidata?
- Ricordati quello che hai fatto in questi anni.
- Scrivilo su un foglio e rileggilo.
- Chiediti cosa vuoi fare da qui a 5 anni.
- Guarda quello che hai scritto prima.
- Cerca le competenze che hai acquisito.
- Prova a vedere se davvero non vedi le basi per seguire quello che ti rappresenta, non oggi ma domani.
Consulenti al femminile in pectore, pensiamo a Lisistrata qualche volta in più e facciamo il passo. Ne vale la professione!